Cenni Storici

Nonostante tutto il Piemonte, come il resto dell’ Italia, stesse attraversando un periodo difficile caratterizzato da continue guerre tra le rivaleggianti famiglie dei Conti di San Martino, dei Valperga, dei Biandrate, dei Monferrato, dei Visconti etc. ,le ripetute epidemie di Peste Nera del 1348 e del 1390 che decimarono gran parte della popolazione e ancora le scorribande dei Tuchini e dei condottieri di ventura, come Facino “Il Cane”, i Savoia riuscirono abilmente a costituirsi ai piedi delle Valli di Lanzo, un piccolo e splendente stato.

Esso non fu solo in grado di progredire ed espandersi, erigendo difese e roccaforti in tutto il territorio compreso tra la Stura e la Dora, rinforzando i propri interscambi commerciali col Nord e con la Francia, ma soprattutto capace anche di farsi benvolere dai propri abitanti, questo grazie all’emanazione degli Statuti e delle franchigie, concesse per prime da Margherita di Savoia, figlia di Amedeo Il Grande nel 1305.

Tutt’oggi il “Liber “Franchisiarum et Statutorum Ciriaci“, ovvero l’insieme delle norme e dei regolamenti nati al fine di regolarizzare lo svolgimento della vita quotidiana all’interno delle castellanie Savoiarde ci risulta essere un documento assai progredito ed evoluto del tempo, dandoci la possibilità di poter ricostruire molti dettagli e figure sociali del tempo.

Dalla seconda metà del ‘300, grazie ai frequenti passaggi ed ai diffusi interscambi economico-commerciali dal centro d’Italia, dal Nord e dalla Francia, anche in Piemonte iniziarono a diffondersi i venti precursori del Rinascimento, che iniziarono a porre l’uomo, e non più Dio, al centro dell’universo, acuendo il senso di consapevolezza delle proprie capacità ed abilità in se stesso.

Iniziarono, in questo contesto, a scaturire le genialità delle più fervide menti e delle mani più abili.
Si svilupparono largamente la scienza e la tecnologia, e non solo, ma anche la filosofia, lo stile e la raffinatezza in ogni sua forma nell’arte, nella moda, nell’architettura e persino nelle armi e nelle armature.
Ogni oggetto divenne quindi esaltazione della “perfezione” umana e culto del bello, e fu pertanto solo grazie alla creatività ed all’abilità manuale dell’artigiano, che le botteghe raggiunsero il periodo di loro maggior splendore, donandoci capolavori che ancor oggi permeano la nostra civiltà.

Lo Stemma

Il nome “I Credendari del Cerro” nacque con l’intento d’instaurare un profondo legame con il territorio locale, affondando profonde radici nella sua storia, ma non in quella “ufficiale” dove prevalgono vinti e vincitori, occupazioni e carestie, bensì in quella “minuta”, ove la quotidianità di quelle genti operose e pacifiche, che per creare migliori condizioni di vita, hanno, nei secoli, intrapreso lunghe e faticose migrazioni, lottato per le loro famiglie, per i loro ideali e si sono stabilite nelle Valli di Lanzo ricercando, per sé e per le generazioni future, migliori fonti di sostentamento.

In codesto periodo, nelle Castellanie di Lanzo, Ciriè e Caselle, la vita sociale ed economica dei borghi venne retta da un giusto e regolare consiglio denominato “La Credenza“, che si riuniva periodicamente all’interno del Duomo di San Giovanni di Ciriè, alla quale erano chiamati a farne parte gli esponenti delle corporazioni artigiane ed i capifamiglia eletti dalla società.

In tutto il territorio piemontese questi membri vennero ufficialmente riconosciuti dalla famiglia Sabauda con il titolo di “Credendari“, e, grazie alla loro posizione, erano in grado d’intercedere con i balivi e migliorare le condizioni di benessere in città.

Partito, al 1^ di rosso alla croce d’argento, al 2^ d’argento l’albero di Cerro al naturale, nutrito sulla pianura verde;
ai lati tenenti due Stambecchi rampanti, i “Re” della montagna, simbolo di forza e caparbietà,
animale simbolo delle terre Alpine. 

Ad ultimare il logo non poteva poi mancare un motto araldico inerente a quanto l’associazione rappresenta e persegue.
Eravamo alla ricerca di un aforisma che parlasse dei temi intrinsechi del tempo e dell’arte, e di come quest’ultima rappresenti l’essenza stessa della vita eterna. Poiché la vita è breve, ma ciò che facciamo in vita riecheggia nei secoli.
La prova tangente di ciò sono i mirabili capolavori manuali ed intellettuali di innovativi maestri, che ancora oggi permeano la nostra cultura attraverso la macchina del tempo.

È così che ritroviamo perfettamente questo concetto, racchiuso nelle somme e concise parole di Ippocrate:
Ars longa, vita brevis” . L’arte è lunga in tutte le sue forme, mentre la vita dell’uomo è troppo breve a confronto.